L’autunno vien da Bresse
In questo blog cerco di parlare il meno possibile di me, e il più possibile delle cose che mi piacciono. Dunque arriveranno prima o poi Matthias Grünewald, Marc Rothko, Cocteau e Poulenc, Lermontov, Cléo de Mérode, la cambrure (la cambrure!) e così via.
E infatti, per venire alle cose che mi piacciono, sono le 19 e sta per essere servita una sceltissima gallina di Bresse praticamente spappolata nel brodo da lei stessa secreto, le carni lascive e deboli, i colori che si inarcano dalla velatura cupa delle cosce (che sono comunque molto meno scure di ogni altra pollastra non cresciuta e nutrita colà) alla bianchezza innocente, abbagliante del petto. Tutto è pronto: i cristalli di sale grosso, la mostarda di Cremona (Peck è molto fidato in questo caso), un filo sottilissimo di olio saporoso.
E’ una consolazione vespertina, un’insinuazione promettente delle magìe e delle malìe dell’autunno che finalmente viene, dopo l’orrore sudaticcio dell’estate. Già s’abbreviano le sere, il profumo della poularde invade le nari. Ah, delizia…
Nella foto, Le Coq d’or nell’allestimento dei Ballets Russes, da Comoedia, 1914.