Dialogo in solitario
In ultimo, ogni contraddizione è lo specchio, o meglio la figura, del disequilibrio fra la perfezione che disperatamente desideriamo e la limitatezza della vita.
In quello spazio vuoto c’è tutto ciò che possiamo sperare e soffrire; lì ci lusingano le illusioni, lì carezziamo le menzogne della vita sapendo che son tali, e tuttavia aggrappandocene come a una schiusa, luminosa occasione di essere felici; lì facciamo nascere intorno a noi le immagini illusorie di tutto ciò che di bello, di vero, di sacro, di innocente osiamo sperare, come se infingendo che si dia purezza ci potessimo salvare dal naufragio.
Ogni più vivo battito del nostro cuore zoppo, ogni indifesa nobiltà dell’animo postulano che altrove, da qualche parte remota del mondo, una verità ci sia e venga condivisa e protetta come un segreto comune; che non sia ogni cosa vana, che non invano abbiamo sporto noi stessi sul ciglio delle altezze estreme.
Lì cade e ci raggela una solitudine misera, sconfortata, un’antica cognizione che sapevamo non esser mai scomparsa: e quando la ritroviamo è come tornare alla nostra dimora mai lasciata, mai dimenticata, al luogo dove siamo nati, alla nostra casa segreta, che si chiama dolore.