Francesco Maria Colombo

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André Beaurepaire - Francesco Maria Colombo
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André Beaurepaire

Ricordo benissimo la mattina in cui conobbi André Beaurepaire, a Parigi nel dicembre 2010. (Ricordo tutto, di quel breve soggiorno: la straordinaria Scopophilia con le fotografie e il video di Nan Goldin, i minuscoli Watteau rivisti dopo anni, le corti interne del Louvre deserte, silenziose nella sera, ovattate dalla neve e dalla fiacca luce gialla dei fanali…). Rue Saint-Honoré, nel cuore della rive droite. Un appartamento in cima al quinto piano, le finestre alonate di vapore e poi schiuse sui tetti di Parigi, il turbinio della neve, rami di pungitopo con le bacche. Una bottiglia di champagne tenuta sul balcone e stappata a 5 gradi centigradi. La casa, lʼatelier, il rifugio, la tana di un uomo straordinario: con lui e con il suo affettuoso compagno abbiamo trascorso, Vittoria Crespi Morbio ed io, tre ore di pura felicità. André Beaurepaire è stato uno dei più geniali scenografi di teatro e di balletto del Novecento, e a quasi novantʼanni era lʼultimo testimone di un mondo ormai scomparso.

La mattinata scivolava così, tra fotografie degli anni Quaranta dove André è in compagnia di Arletty e Mistinguette, i ricordi di Christian Bérard (un genio assoluto, morto troppo presto) con la sua sensibilità innocente dietro lʼingombro di un gran corpo e di una gran barba, la memoria viva e scoppiettante di Erté, Jean Cocteau (che lanciò il giovane Beaurepaire), Menotti, Visconti, Stravinskij, Picasso, Jean Genet, Boris Kochno, Danielle Darrieux, Margot Fonteyn, Roland Petit: tutto il meglio della cultura europea del dopoguerra, la Parigi liberata e fremente di libertà creativa e sessuale (la stessa delle strepitose foto del giovane Avedon), il debutto alla Scala sovrastata da Callas, Karajan e Giulini… Spunta una lettera di Max Ophuls (Max Ophuls!) che progetta con Beaurepaire unʼedizione del Don Giovanni di Mozart; si sfogliano i diari di Philippe Jullian da poco usciti, mi giro e appoggiato a un tavolino cʼè un delizioso ritratto a penna di André, e chi lʼha disegnato? la leggendaria Louise de Vilmorin, scrittrice finissima, aristocratica conversatrice e favolosa traditrice di mariti e amanti (“Ti amo per sempre, stanotte” disse a Orson Welles folgorato dal suo talento erotico)…

Beaurepaire, un piccolo folletto sprigionante humor, esprit, gioia di vivere e un nonnulla di follia, faceva rivivere tutto ciò, lo suscitava e lo donava con una grazia e una noncuranza incantevoli. E fuori i tetti di Parigi avvolti da una piccola tempesta di neve (la scenografia del primo atto di Bohème, immodificabile), e la voce di Lucienne Boyer che riecheggiava nella mia testa. (Quando siamo usciti camminavo leggero e sorridente, e non mi accorgevo che dopo mezzʼora di camminata dovevo avere lʼaspetto di un pupazzo di neve).

A Vittoria lʼidea del libro venne subito: le macchine fantastiche del primo Beaurepaire (un Piranesi smarrito nel surrealismo), i suoi elegantissimi bozzetti per Cenerentola di Prokofiev, i figurini fastosi e maliziosi per Zizi Jeanmaire, le città notturne, i cieli di carte da gioco, tutto il mondo sguinzagliato dalla fantasia di André doveva essere raccolto, studiato, trasmesso. E bisognava farlo subito, perché il folletto sprigionante humor era un vecchio ammalato, e non cʼera tempo per gli indugi. Il mondo di André Beaurepaire, grazie anche anche agli apporti della Scala, dellʼOpéra di Parigi, di Roland Petit, e grazie soprattutto allʼintelligenza e alla generosità di Raphaël Remiatte, è poi uscito nella primavera di questʼanno, in italiano e in francese. Eʼ una gioia sapere che André ha potuto vederlo, e sapere che qualcosa resterà.

André Beaurepaire è morto a Parigi il 21 agosto 2012.