
Briscola per Granduchesse
Ci sarà un nome per questo oggetto misterioso? C’è, ed è marque-atout (cosa che lo rende ancora più misterioso). Ci sono molti giochi di carte, come la Belote, dove la scelta o l’estrazione di un seme lo rende prevalente sugli altri: in questo caso la couleur de l’atout dev’essere prodotta e ricordata ai giocatori.
Ora, la cosa avviene anche nella Briscola: ma se è vero che la Briscola va giocata su tavolacci di legno massello in una qualche osteria della Bassa, fra bestemmie e saggezze, da giocatori baffuti e intabarrati con le nebbie a meno 5 gradi fuori, là, nelle campagne infinite, e un fiasco a conforto d’ogni perdita ma persino d’ogni vincita, allora il seme prescelto andrà segnato con uno sguizzo di gesso sul tavolaccio.
Ma se a giocare sono Granduchesse pietroburghesi sul limitare delle ultime ore dell’Impero, su pouf di seta rosa e col carlino in grembo che riposa fra le code d’ermellino, quale altro modo di segnare la couleur de l’atout se non il meraviglioso oggetto di Cartier del 1907 in vermeil, argento, quarzo rosa, pierre de lune, smalto grigio-blu translucido su un fondo superbamente guilloché, smalto opaco bianco, nero e rosso? Premendo il niveo ditino sul pulsante, la giocatrice selezionava l’atout fra i sorrisi generali (molto trattenuti perché, col tempo, non si formassero le rughe).
Di lì a 12 anni, sarebbero finiti tutti (Granduchesse e consorti e amanti) in cantine, fatti a pezzi dai rivoluzionari, o esuli in Francia coi soldi della vendita degli ultimi smeraldi, a guidare taxi e a servire a tavola. E forse è stato giusto così; ma un oggetto tanto sublimemente inutile e tanto miracolosamente bello, tanto fiero della propria futilità e tanto, come dire, impertinente, è bene che si sia salvato, e che irraggi ancora la propria aura, che in riproduzione lo fa simile a un totem, al simbolo arcano di una religione segretissima e ormai indecifrabile. A Parigi l’ho visto esposto, 10 giorni fa, alla mostra di Cartier presso il Grand Palais.