Francesco Maria Colombo

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Kirill Who? - Francesco Maria Colombo
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Kirill Who?

Fino a un giorno del 2011 non avevo la minima idea di chi fosse Kirill Petrenko. Senza leggere la locandina mi infilai a un Tristano nel teatro di Lione, biglietto preso all’ultimo momento. La produzione era così così, ma dal direttore d’orchestra, che non vedevo e non sapevo che faccia avesse, arrivava una tale energia, una tale originalità di visione, una tale sicurezza, un modo di risolvere mille dettagli consapevole della tradizione ma per nulla fermo ad essa, da lasciarmi sbalordito. Era lui e non me ne sono più dimenticato, anche se non l’ho mai riascoltato dal vivo dopo di allora.

Fra i candidati alla Filarmonica di Berlino era il più sconosciuto al pubblico, e credo che nelle redazioni dei giornali ieri, alla notizia della nomina, regnasse il panico. Per giunta non è un divo, non ha la faccia da divo, non parla come un divo, non veste (sul podio o fuori) come un divo. E per sovrappiù ha inciso pochissimi dischi, metà della sua discografia è occupata da un’opera popolare quanto La Traviata, che si intitola Palestrina ed è stata scritta da Hans Pfitzner.

Eppure è stata la scelta migliore, assolutamente la migliore che potessero fare, l’unica dove ha contato il talento musicale senza altri elementi; ed è una scelta dove si legge chiarissimamente come il ruolo del direttore d’orchestra sia cambiato. Direi che gli argomenti sono questi:

1 – Non c’erano, oggettivamente, alternative che potessero funzionare. Uno era un divo (o già ex divo) tanto brillante a vedersi quanto inerte ad ascoltarsi (Dudamel). Uno era un giovane talentosissimo ma con più istinto naturale che non ponderazione e maturità (Nelsons). Un altro era la caricatura dei vecchi Kapellmeister, una specie di Knappertsbusch dei poveri, e non c’è bisogno di fare il suo nome. Gli altri erano fuori età e fuori dai giochi.

2 – A differenza di molti altri direttori (il caso più eclatante è quello di Dudamel, che diresse la seconda opera in vita sua, se non sbaglio, alla… Scala), Petrenko ha fatto la gavetta e battuto la provincia: esattamente come fece Karajan 80 anni prima di lui. E questa è una scuola formidabile.

3 – Petrenko è aperto al repertorio senza preclusioni, dirige Il Paese del Sorriso e I Soldati di Zimmermann, ha lavorato nel teatro più avanguardistico d’Europa (la Komische Oper) e questo gli dona una cognizione completa dei meccanismi teatrali e delle regìe, che oggi sono, all’opera, la cosa decisamente più importante, molto più importante dell’esecuzione musicale.

4 – Petrenko è un uomo low profile che è perfettamente attuale. Se Dio vuole, è finita l’epoca del direttore-nume circonfuso da un’aura mistica. E’ finita l’epoca dei direttori che fanno licenziare una maschera che non avesse salutato per primo. E’ finita l’epoca dei direttori che si inalberano se il nome degli altri musicisti, su una locandina, è scritto in un corpo grande quanto il loro. E’ finita, o forse no, ma sono finite le modalità (tranne che in Italia), l’epoca dei direttori che chiamano i responsabili dei giornali dettando legge e facendo licenziare chi non abbia incenso a sufficienza. E’ finita allo stesso modo che, in un àmbito diversissimo, sono finiti (si spera) i flabelli e le tiare in Vaticano, dove c’è un uomo estremamente low profile, privo di appeal esteriore, ma immensamente popolare. Due mondi che non hanno nulla a che fare l’uno con l’altro: ma il meccanismo è lo stesso. La frammentazione e globalizzazione del sapere, con Internet, i social network etc., è tale per cui le figure alonate di misteriosa maestà fanno ridere, laddove le figure semplici e carismatiche piacciono e convincono. La New York Philharmonic fece, qualche anno fa, una scelta in tal senso con Alan Gilbert, anch’egli sconosciuto ai più e senza corredo discografico. Pare che funzioni molto bene. Che adesso una simile scelta facciano i Berliner è il segno che tutto è cambiato.

5 – C’è un video su YouTube che consiglio a tutti di guardare. E’ un’intervista a Petrenko fatta da un professore dei Berliner, una cornista (che fra l’altro è una donna bellissima) che gli fa raccontare del suo incontro con l’orchestra. E Petrenko fa qualcosa che vent’anni or sono sarebbe stato impensabile. Racconta, con molta semplicità, della sua prima prova a Berlino, e di quanto fosse intimidito e spaventato dalla grande orchestra. Aveva paura dei Berliner, e non ha per niente paura di raccontarlo in modo franco, onesto e disarmato. Così funziona oggi, ed era ora (immaginatevi qualche direttorone di nostra conoscenza che riveli di aver avuto paura dell’orchestra!). Ma guardate anche un altro video su YouTube: Petrenko dirige il finale del Poema dell’estasi di Scriabin, con i Berliner. Autorità immensa, sicurezza immensa, immersione emotiva nella musica da far paura, dominio totale dell’orchestra. Che bella notizia ci arriva da Berlino!