Francesco Maria Colombo

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Salvate i bambini danesi - Francesco Maria Colombo
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Salvate i bambini danesi

Dopo una settimana in Danimarca, se chiudo gli occhi le prime cose che la memoria mi fa vedere sono 1) una quantità immensa di biciclette (ma questo lo sapevo dal 1979, quando venni qui la prima volta) 2) una quantità immensa di giovani famiglie, di bambini e di passeggini. Non credo di aver mai visto così tanti bambini. Dappertutto, a Copenhagen, sulle spiagge, nei paesi della provincia, a Legoland che dev’essere per loro il paradiso terrestre: dovunque ci sono giovani coppie con il passeggino (una variante: lui porta il passeggino e lei ha il pancione della gravidanza), e bimbi che ridono, saltano, giocano, si divertono con le migliaia di parchi giochi e di giardini colmi di scivoli, di quadrati svedesi, di giostre. Non puoi girare la testa senza vedere decine di bambini, identici fra loro e identici a papà e mamma: tutti biondi e con gli occhi azzurri. E tutti, sorpresa, sommamente educati: i danesi sono un popolo simpatico, e i figli crescono nell’ideale della tolleranza e della gentilezza.

Insomma: la Danimarca è una specie di réclame della famiglia come la intendono, che so, Giovanardi, Mons. Bagnasco, le Associazioni dei Genitori, quelli che protestano “in difesa di…” etc etc. Tutto regolare, tutto in linea con i dettami: qui si sposano presto, hanno presto figli, e tanti, li portano a giocare dedicando tempo ed energia. E i bimbi crescono bene. Questa sì che è una società di sani principi, una società le cui radici non sono intaccate dalle sozzure del gender e del matrimonio gay.

Ma… un momento… qualcosa non torna.

In questo momento mi sembra di vedere la faccetta affilata, il ghignetto, le labbra sottili del capo del vescovame italiano quando emette il solito “duro richiamo”, il solito “severo monito”: no a unioni civili, matrimoni gay, teoria gender, adozioni da parte di coppie omosessuali, e sempre per lo stesso motivo, perché queste porcherie “mettono in pericolo i fondamenti della società civile”, “distruggono la famiglia come base della civiltà”, “costituiscono una grave minaccia per i bambini”, rappresentano “uno sbaglio della mente umana” che “edifica un transumano”, e “minano alla base la naturale evoluzione dell’umanità” (questa espressione, “minare alla base”, è una delle più ridicole mai inventata da mente umana). Dal che si deduce che la Danimarca, che è stracolma di famiglie giovani, di pancioni, di allegri bambini e di passeggini, non sia mai stata “minata alla base” dai gay, dal gender e da tutti gli altri “cavalli di Troia” di cui sopra.

Bene: la Danimarca è stato il primo Paese al mondo a legalizzare le unioni civili, eterosessuali e omosessuali, nel 1989. Nel 2009 sono state legalizzate le adozioni da parte delle coppie omosessuali. Nel 2012 è divenuto legge il matrimonio omosessuale. Dal 1997 le unioni omosessuali posso essere benedette dalla Chiesa evangelica luterana. “Minata alla base”? La Danimarca, con queste sue luride leggi, dovrebbe essere un mare di fango, una cloaca di vizi, una terra inaridita dove non v’è spazio per le giovani famiglie e per i bambini. Solo che basta fare cento metri a piedi in qualsiasi città o paesello per accorgersi che è esattamente il contrario e che il sorriso dei bimbi illumina ogni angolo di via.

Questi discorsi su famiglie e bambini… da dove vengono? Da tetre infanzie e adolescenze trascorse nelle penombre delle sagrestie, nei corridoi dei seminari ecclesiastici, fra brusii, malignità, desideri inconfessati ma spesso soddisfatti ai danni dei più deboli, odore d’incenso e di refettorio, spalle curve, mani pendule, guance di cera, teste pettinate col riporto, terrore della femmina, vocine querule, arti di gelatina. Che ne sanno di famiglie, di procreazione, di bambini? Ma soprattutto che ne sanno della vita sana, della tolleranza, dell’apertura, dell’aria aperta? E parlano, parlano, parlano, buffonata dopo buffonata, e tengono in ostaggio questo nostro disgraziato Paese…

(Nella foto, i prìncipi di Danimarca con i loro figli)