Francesco Maria Colombo

Direct e-mail
fmcolombo@fastwebnet.it

Music contacts
Filippo Anselmi
Piper Anselmi Artists Management
777 Westchester Avenue
White Plains, NY 10604
Telephone: 212-531-1514
www.piperanselmi.com

Photo contacts
Elbie Lebrecht
Lebrecht Music & Arts
3 Bolton Road
London
NW8 0RJ
020 7625 5341
USA toll-free 1-866-833-1793
pictures@lebrecht.co.uk

Homepage photo credits
Photo: © Elio Di Pace
Blog: © Miriam De Nicolò
Music: © Oskar Cecere

Wordpress customized by Venti caratteruzzi

Archives

La quintessenza della fotografia? - Francesco Maria Colombo
161
post-template-default,single,single-post,postid-161,single-format-standard,qode-core-1.0.1,ajax_fade,page_not_loaded,,capri-ver-1.5, vertical_menu_with_scroll,smooth_scroll,side_menu_slide_with_content,width_270,grid_1300,blog_installed,wpb-js-composer js-comp-ver-4.12,vc_responsive

La quintessenza della fotografia?

Nell’ultimo capitolo del suo splendido The Photograph (1997), Graham Clarke commenta la foto di Garry Winogrand riprodotta qui. “Come suggerisce Donna con cono gelato di Winogrand, una singola foto può trasformare il banale in qualcosa di speciale. Questa immagine complessa e profonda è la quintessenza del lavoro di Winogrand e la quintessenza della fotografia”.

Sono d’accordo? Siete d’accordo? Se nessuno sapesse che questa immagine è di Winogrand; se la foto venisse inviata, anonima, a uno qualsiasi dei mille concorsi su internet e non; se chiunque di noi la vedesse appesa su una parete tra altre cento, non ho dubbi che a nessuno verrebbe in mente di dire che in quello scatto di una donna che ride con in mano un cono gelato, còlta in un giorno qualunque del 1968 in una strada qualunque di New York, abita la quintessenza della fotografia. Che cos’ha di speciale? Perché è così importante una foto in cui si vede persino l’orrore dell’orrore, il riflesso del fotografo in un vetro specchiante? Cosa cambierebbe se la donna fosse bionda, avesse in mano una Coca-Cola e ridesse davanti non ad un negozio di abbigliamento ma ad un negozio di elettrodomestici?

Penso che la risposta, una delle risposte possibili, sia qui: questa foto è “complessa e profonda” nel momento in cui la guardiamo a partire da una serie di codici culturali e interpretativi condivisi: con chi? col fotografo? Non è nemmeno necessario. Piuttosto: con chi ha definito in modo congruo a noi stessi il concetto di complessità e profondità. La foto è “complessa e profonda” quando accettiamo che tutti gli elementi casuali (il cono gelato, il rapporto tra la figura che ride e il manichino muto, lo spicchio di strada sulla sinistra, persino lo stesso riflesso, quasi illeggibile, del fotografo) acquistano, nel loro insieme e nella forma percettiva che assumono, una portata espressiva. Ci dicono, una volta letti, che fra le persone indifferenti sulla sinistra (indifferenti al fatto che una fotografia possa bloccarli per sempre); la donna còlta in un momento di felicità che è già, nel momento in cui viene fotografato, trascorso per sempre; la presenza atemporale e assurda, quasi un monito sull’illusorità della permanenza, del manichino acefalo; e lo stesso riflesso del fotografo come di chi, da fuori, crea la significatività di un istante, esiste una complessa rete di relazioni che coinvolge il valore che diamo al tempo, allo spazio, all’emozione, all’individualità, all’atto del vedere, all’atto dell’essere visti, alla verità o meno di uno scoppio di risa che magari ha coinvolto la donna in quel dato giorno del 1968 per un attimo (perché ride? le è caduto il gelato? sta parlando con qualcuno che non vediamo? ha appena visto una scena comica sull’altro lato della strada? non lo sapremo mai) e che è, quarantacinque anni dopo, tutto ciò che della sua vita (“complessa e profonda” come quella di tutti noi) rimane.

Tutte queste cose le dice la fotografia stessa? o la scena fotografata? o l’intenzione del fotografo? o l’indagine culturale che l’osservatore svolge? Il significato fluttua attraverso questi termini, e non si fissa mai. E in questa rete di progressive significazioni ci cattura: e dopo una lunga osservazione (che è l’esatto opposto della natura istantanea di ogni foto), dopo molti pensieri, dopo aver richiamato a noi i codici della decrittazione intellettuale, allora sì, noi vediamo che questa immagine è “complessa e profonda”, e non ci abbandonerà più. La scena fotografata acquista valore in quanto fotografata. In sé è nulla. Scrive Winogrand: “Io fotografo per vedere come appaiono le cose una volta fotografate”. Forse la quintessenza della fotografia sta proprio in questa definizione. Ma allora perché questa foto, se non si sapesse che è di Winogrand, se non fossero stati scritti libri sopra di essa, se fosse gettata sul web e centrifugata con milioni di altre foto, non la guarderebbe nessuno?