
Quell’oscuro oggetto del desiderio
E’ uscito in questi giorni in blu-ray (come sono belli in blu-ray i film anni Settanta: i colori, la grana, i dettagli finalmente riemersi!) Cet obscur objet du désir, l’ultimo meravigliosissimo film di Buñuel (però aver chiamato Angela Molina a far da doppio a Carole Bouquet è un oltraggio). Non potevo non tornarci sopra. Credo che Fernando Rey sia l’attore più elegante che abbia mai visto (persino più di Charles Boyer): non sofisticato, ché implicherebbe tutta una consapevolezza e una mess’in scena dell’artificio; ma elegante, e cioè semplice, naturale e perfetto nei gesti, trasudante aisance nei modi ma come se tale aisance non gli appartenesse (tanto più che il corpo è grosso e greve, attributi essenziali all’eleganza che deve comporsi di un certo impaccio, di una titubanza gentile).
Non c’è confronto con Vittorio De Sica, che ha sempre qualcosa di esibito, di luccicante, un sovrappiù di guappo, uno scintillio da ribalta che in Rey è totalmente assente (semmai, si parva licet, l’unico attore italiano che gli si può minimamente confrontare è Adolfo Celi).
E, nel film, ah, il décor elvetico anni Settanta dell’albergo a Losanna (che a tutta prima avevo preso per il Baur-au-Lac di Zurigo: quanti ricordi…), le tinte argentate e fredde del lago, le colazioni impeccabili, i riti ormai scomparsi, i camerieri coi capelli rasi sulla nuca: e poi il pensare, intimo al fascino della rimembranza di un’epoca, che tutti quegli ospiti, le signore con lo chignon pallido, i diplomatici, i camerieri, sono tutti morti.