Francesco Maria Colombo

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Il cappello su Hokusai - Francesco Maria Colombo
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Il cappello su Hokusai

Domenica mattina, la giornata più fredda a Milano da molti mesi a questa parte. Pioviggina, la gente è intirizzita. FMC si arma di cappotto (primo giorno quest’anno), cappello a larghe falde, ombrello pieghevole in caso di diluvio, beve un doppio caffè bollente e con coraggio scende nell’arena di Piazza Duomo, uno specchio di lucidi toni di grigio, per vedere la mostra di Hokusai a Palazzo reale (mostra che si scoprirà meravigliosa, tanto che è un peccato non avere un’intera seconda vita da dedicare tutta a un piccolo riquadro di una stampa, al petalo arricciato di una peonia, al colore di una penna del martin pescatore, ai rombi su un tessuto, ai giunchi su un greto, all’aria limpida, come si fa a disegnare la limpidezza dell’aria?, di una fredda mattina sul mare).

Alle 9,30 non c’è ancora coda a Palazzo Reale. Entro, felice di liberarmi degli ingombri, ed ecco la conversazione con la signorina del guardaroba.

FMC: Buongiorno. Ecco, le lascio il cappotto.

Signorina: No, il cappotto non lo possiamo prendere, non prendiamo indumenti.

FMC: Ah! Ecco, le lascio il cappello.

Signorina: Uhm, uhm, non credo che possiamo prenderlo.

FMC: La prego, come faccio a vedere una mostra dove si deve stare a dieci centimetri dai quadri, per vedere i dettagli, portando un cappello a tesa larga?

Signorina: Ehm, uhm, forse posso farlo.

FMC: Ah grazie. Ecco, le lascio anche l’ombrello.

Signorina: Ehm, no, l’ombrello non lo prendiamo.

FMC: Ohi ohi, si fa difficile. Be’, almeno grazie per il cappello.

Signorina: Uhm, ehm, ah ma è un cappello. Pensavo che fosse una borsa [!!!]. Il cappello non possiamo prenderlo.

Signore americano in coda dopo di me, rivolto alla sua amica: “Well, this is Italy!”…