Francesco Maria Colombo

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San Gennaro, Dostoevskij e l'asino che vola - Francesco Maria Colombo
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San Gennaro, Dostoevskij e l’asino che vola

La visita del Papa a Napoli ha portato con sé sceneggiate, cori, tarantelle suonate sul putipù, tutto un colore locale che avrebbe richiesto Malaparte o Truman Capote come cronista. Tutto ciò può piacere o non piacere (a me non piace), ma non è questo il punto che mi colpisce.

Il punto sono le parole di Francesco quando il sangue di San Gennaro si è “sciolto per metà” nell’imbarazzo generale. Tutti lì in pompa magna, e il sangue “sciolto per metà”. A quel punto il Papa, cui bisogna riconoscere un’abilità di capopopolo fenomenale, ha ripreso in mano la situazione dicendo: “San Gennaro sta chiedendoci di impegnarci di più”. Applausi, entusiasmo, felicitazioni per il miracolo a mezzo, e lo show continua.

A chi esercita, nel suo piccolissimo, gli strumenti del dubbio e della ragione, queste parole suonano sinistre: in tutti e due i casi, sia che il Papa abbia inteso dire sul serio che “San Gennaro sta chiedendoci di impegnarci di più”, sia che abbia voluto togliersi (genialmente) dall’impiccio. Sia che il Papa creda a quel che ha detto, sia che non ci creda, quelle parole mi mettono i brividi.

Caso 1. Il Papa ha detto la prima cosa che gli è venuta in mente, con l’istinto di leader che gli è proprio, per tenere contento il popolino: per offrirgli una versione come che sia del miracolo, per non deluderlo. E’ un’ipotesi sciocca? Non credo: per Dostoevskij, ad esempio, l’ammannire i miracoli è lo strumento specifico di azzeramento della libertà, praticato dalla Chiesa di Roma. Ricordate il racconto di Ivan Karamazov al fratello, la parabola del Grande Inquisitore? “La preoccupazione più assillante e tormentosa per l’uomo, fintanto che rimane libero, è quella di trovare al più presto qualcuno da venerare. Ma l’uomo vuole venerare qualcosa di inconfutabile, tanto inconfutabile che tutti gli uomini acconsentano immediatamente a venerarlo insieme. Giacché la preoccupazione di questi poveri esseri consiste non solo nel trovare qualcosa che uno o l’altro possano venerare, ma trovare quel qualcosa in cui tutti credano e che tutti venerino; la condizione essenziale è che si sia assolutamente tutti insieme”. E ancora (è il Grande Inquisitore che parla con Cristo): “Noi abbiamo rettificato la tua opera e l’abbiamo fondata sul miracolo, il mistero e l’autorità. E gli uomini si sono rallegrati di essere guidati  nuovamente come un gregge, si sono rallegrati che qualcuno avesse finalmente tolto dal loro cuore un dono così terribile che aveva causato loro tanto tormento”. Nel caso 1, dunque, il Papa ha parlato non, come dovrebbe essere, per amore della verità, ma per amore dello show che deve proseguire, e del popolino da non deludere.

Caso 2. Il Papa ha parlato per davvero e ha proprio detto questo: il sangue di San Gennaro si è “sciolto a metà” perché San Gennaro non è contento e ci sta dicendo di impegnarci di più. Nel caso 2 le parole del Papa non hanno un significato traslato e metaforico ma vanno intese nel loro diretto senso oggettivo: San Gennaro vuole che ci si impegni di più, e per questo fa sciogliere il proprio sangue solo a metà. Ora, come si può riconoscere un credito intellettuale a una persona che dice una cosa del genere? Come ci si può razionalmente confrontare con uno che pensa e parla così? Come si può, in ultima analisi, prenderlo sul serio? Cosa c’è di diverso rispetto all’asino che vola, ai tavolini che ballano, agli Ufo che solcano il cielo? Mistero. E infatti col mistero chi ha fede risolve tutto. Io lo rispetto, ma deve essere chiara una cosa: finché l’interlocutore vorrà evitare di soggiacere al mistero, l’uomo di fede non potrà parlargli efficacemente, non potrà dirgli nulla che parli alla sua onesta esigenza di capire le cose. L’uomo di fede sa di possedere la verità non solo per sé, ma anche per l’interlocutore che la fede non ce l’ha (questa è la sua forza): e qualsiasi sua azione varrà non tanto perché rispetti la diversità dell’interlocutore, ma in funzione di una verità assoluta. A quel punto sarà inevitabile dire “San Gennaro non è contento e ce lo manda a dire con il sangue mezzo liquido e mezzo no” (con la postilla, però, che “fede e ragione devono incontrarsi”: non si capisce come). E sarà allo stesso modo inevitabile, per chi crede di guadagnarsi il Paradiso facendosi scoppiare in mezzo a una folla inerme di infedeli, accendere la bomba. Il principio è lo stesso: io ho fede e dunque so cosa è giusto non solo per me, ma anche per te, e dunque ti parlo evitando di connettermi con te (che usi solo gli strumenti della ragione e del diritto) ma informandoti, ex cathedra, di qualcosa che alla tua ragione è incomprensibile: l’insoddisfazione di San Gennaro o il Paradiso conquistato a forza di attentati.

In tutti e due i casi, le parole di Francesco mi fanno paura. Nel primo caso, perché espressione di cinismo. Nel secondo caso, perché la dismissione della ragione è una forma terribile di violenza. Ma a chi importa? Avanti col prossimo coretto, con “‘O surdato ‘nnammurato”… Adieu, “ca ‘a Maronna v’accumpagne!”…