Sotto azoto liquido
Zero K è stato generalmente accolto come l’opera di un maestro, e anch’io, che non leggo quasi mai la narrativa contemporanea, me lo sono letto. Con qualche delusione: l’ultimo libro di DeLillo che ricordavo era Underworld, per me stupendo. Zero K rinuncia completamente all’epica: siamo invece in una specie di meditazione solipsistica (circoscritta al protagonista, al padre, alla moglie del padre, al ricordo della madre) sulla crioconservazione dei corpi, che vengono messi sotto azoto liquido in un luogo misterioso della Russia, in attesa di riportarli in vita in un domani tecnologicamente più avanzato.
L’atmosfera è gelida e stralunata. Spesso ci sono frasi e «affondi» psicologici memorabili. Altrove mi sembra semplicemente un romanzo lento, e dal passo un po’ faticoso.
Vengo dalla recente lettura di Tom Wolfe, Le ragioni del sangue: conflitti di potere e razziali a Miami, la corsa ossessiva all’apparire, il primato del desiderio, i ricatti reciproci. Il capitolo iniziale, dedicato a un giovane poliziotto cubano che salva (o, diranno i suoi detrattori, arresta) un profugo arrivato a ridosso del porto cittadino, è sensazionale per velocità, sfacciataggine, colore, ritmo. E tutto il libro è di una violenta spettacolarità che schiaffeggia il lettore. Meno profondo di DeLillo; ma molto più avvincente.